Un ballo in maschera, da Stoccolma a Boston. Parte II

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Ricordando il 210° dalla nascita di Giuseppe Verdi

Un ballo in maschera, da Stoccolma a Boston. Parte II

di Claudia Antonella Pastorino

In queste pagine l’attenzione si concentra sul confronto tra il Gustavo III, riproposto in teatro e in cd nei primi anni Duemila, e la successiva Una vendetta in domino fino al risultato finale de Un ballo in maschera, operazione storico-filologica molto interessante per scoprire e capire il materiale su cui Verdi ha effettivamente lavorato apportando modifiche e ritocchi tuttavia non sostanziali (alla fine il 75 per cento della partitura risulta essere quello di Vendetta). Quindi si passa a un breve ritratto del protagonista storico, re Gustavo III, sovrano illuminato del suo tempo, e all’attenzione del compositore verso quelle parti vocali e strumentali pensate per la corte di Svezia con i suoi nomi svedesi come doveva essere in origine (prima cioè dei mutamenti imposti dalle varie censure). Se per Stoccolma è tutto più stretto e controllato, per Boston l’ispirazione incontra l’apice dell’inventiva e della fusione perfetta tra il tragico e il festoso, soprattutto per l’inserimento dell’irrequietissimo paggio Oscar, l’unico ruolo verdiano en travesti. Da sottolineare l’originalità delle parti danzanti, bellissime dall’inizio alla fine, che non sono mai squarci per sola orchestra, ma si esprimono e si sviluppano attraverso le voci, nelle voci (coro e personaggi, soprattutto Oscar).

 

Immagine: Ballo in maschera di Andrea Pirani

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