Artisti Fuori

A cura di Sara Ugolini

 

 

PRESENTAZIONE.

Di percorsi marginali, pratiche di sconfinamento si è già discusso in relazione alla fotografia nel primo numero della rivista. In ARACNE#1/2012 questo interesse prende quasi la forma di una vocazione, occupandoci di artisti che sono fuori. Fuori, ad esempio, dal sistema e dal mercato dell’arte ufficiale. Ma a dire il vero, considerando l’isolamento e l’esclusione a cui sono costretti oggi molti artisti cosiddetti “integrati”, non è questo il tratto distintivo dei personaggi su cui ci soffermeremo. Fuori allora, soprattutto, da un percorso formativo canonico e fuori per l’estraneità a generi e orientamenti stilistici consolidati. Fuori anche dal punto di vista dei luoghi e degli spazi, dal momento che la loro pratica artistica si sviluppa spesso dove non ci si aspetterebbe di trovarla.
Fuori infine, per la gratuità e l’accanimento nel loro operare, rispetto al tipo di sensibilità e comportamento socialmente più diffuso.
Bianca Tosatti, che nei primi anni novanta del secolo appena trascorso ha importato in Italia l’interesse per la creatività degli “artisti fuori”, ha scelto come espressione per definirla “arte irregolare”. Nel mondo anglosassone si continua a parlare di “outsider art”. Con il nostro titolo l’attenzione si focalizza sugli autori, non tanto per esprimere una precisa presa di posizione sulla centralità della dimensione biografica a scapito delle opere ma perché è dagli artefici che la maggior parte degli articoli che proponiamo prende le mosse.

Del resto l’autonomia delle opere outsider dalla biografia dell’autore e tutto ciò che riguarda l’arte irregolare subisce una periodica messa in discussione. Non soltanto le implicazioni e i limiti delle definizioni ma il fatto stesso che etichette esistano e vengano applicate.
Così, accanto a chi pensa che debba essere riconosciuta una specificità e una terminologia apposita per questo contesto espressivo, c’è chi dichiara l’esigenza di annullare le barriere, anche nominali, tra produzioni insider e outsider, facendo appello all’arte contemporanea come categoria sufficiente a includerle entrambe.

Su questa e altre questioni, ovvero sullo statuto problematico dell’outsider art, interviene David Maclagan intervistato da Marta Cannoni.
La prima sezione del numero riguarda l’incontro con alcuni artisti irregolari.
L’esigenza stessa di raccontare queste storie tradisce un aspetto peculiare degli autori outsider: l’ansia di riconoscimento tendenzialmente è loro estranea.
Di questi incontri sappiamo che possono avvenire in modo fortuito, o più spesso, come raccontano Egon Hassbecker e Barbara Schulz, partendo da segnalazioni o pochi frammentari indizi, e ancora attraverso ricognizioni più o meno sistematiche promosse sul territorio (Artisti outsider cercasi di Chiara Delledonne).
La seconda sezione si concentra sull’esperienza di un Museo: Juan Carlos Ceci, responsabile delle attività espositive presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di San Marino, racconta motivazioni e aspettative  ell’ospitare, per la prima volta e parallelamente all’uscita di ARACNE#1/2012, una mostra  he intreccia produzioni marginali e arte riconosciuta.

Di creazioni plastiche e delle loro tangenze con le produzioni culturali e le tradizioni rappresentative di un luogo parlano Jean-Jacques Lebel e Gabriele Mina nella terza sezione. Il primo soffermandosi sui manufatti realizzati dai soldati in trincea durante la Prima guerra mondiale e sulla loro “enigmatica concomitanza” alle pratiche dell’avanguardia dadaista; il secondo sull’eremo – così simile ai Sacri Monti di Pietà diffusi in Italia – a cui un artigiano votato al misticismo ha dato forma in Toscana nei primi decenni del Novecento.

La sezione successiva riguarda i linguaggi espressivi, oltre le arti visive, in cui si ritrovano le forme e i modi dell’irregolarità così come intesa all’inizio: la scrittura, indagata da Vincent Capt attraverso gli écrits conservati presso la Collection de l’Art Brut di Losanna e l’ambito musicale, nel quale ci ricordano Stefano Bianchi e Federico Savini, di irregolari ce ne sono e tanti.

ARACNE si chiude con due articoli che illustrano, partendo da situazioni molto diverse, modalità quasi antitetiche di accesso alla creazione estetica. Il primo, di Alberto Cavaglion, racconta l’urgenza espressiva di un ragazzo neanche adolescente che nel 1945, appena scampato al campo di concentramento di Auschwitz, si mette a disegnare; nel secondo Matteo Guarnaccia si sofferma sull’indigestione come mezzo sperimentato da molti autori mainstream per stimolare la creatività e indurre sogni funzionali al proprio oggetto poetico.

Guarnaccia smonta i topoi letterari sulla “sacralità” del processo di creazione dell’opera d’arte riconducendo la genesi di quest’ultima alla sfera fisiologica ma si pone, indirettamente, anche all’interno del dibattito sull’outsider art. A conclusione del suo testo viene da chiedersi se sia lecito affermare che anche molti artisti riconosciuti attraversino fasi o indugino talvolta in pratiche spudoratamente irregolari o se invece considerare la sua testimonianza come uno dei tanti indizi rilevanti che, in fondo, la distinzione tra outsider e insider proposta all’inizio è soprattutto strumentale.

Sara Ugolini insegna in una scuola superiore di Bologna. È dottore di ricerca in Storia dell’arte e si occupa da anni di Outsider Art. Sull’argomento ha tenuto corsi di formazione, ideato mostre e curato progetti editoriali. Tra le sue pubblicazioni Nel segno del corpo. Origini e forme dell’autoritratto ferito, Liguori, Napoli 2009. Nel 2015 ha curato il volume La via più breve non è quella retta. Percorsi nell’outsider art, l’Harmattan Italia, Torino 2015. Nel 2018è stata tra i curatori del convegno “Into the Wild. Percorsi nell’Art Outsider e Contemporanea”. Di recente, all’interno della rivista «Psicoterapia Psicoanalitica», edita da Franco Angeli, ha pubblicato l’articolo Usi e abusi del trauma nell’arte irregolare.
saraugolini.bo@gmail.com

 

Immagine: Opera di Pellegrino Vignali

ARTISTI FUORI

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