Nel 150° dalla prima rappresentazione francese. ALTARE, TRONO E POLITICA NEL DON CARLO

 In L’incontro delle Arti, Rubriche

Sorvolando sulle tonache più famose della maturità verdiana, quelle de La forza del destino di Padre Guardiano – l’irreprensibilità inamovibile del santo – e di Fra Melitone – il frate brontolone che tira a campare, antesignano di John Falstaff – non vi è dubbio che la rappresentazione più riuscita del potere ecclesiastico al suo culmine, come istituzione e come ruoli, stia nel Don Carlo. Ė questa l’opera dei contrasti e delle ossessioni, delle tetraggini umane e politiche, dell’assolutismo asfittico di Stato e Chiesa, delle novità legate alla strumentazione e alla funzione orchestrale rispetto al compartimento voci trattato in modo diverso dal consueto procedere verdiano.
Con il Don Carlo si chiude l’ultimo sprazzo di cupezza – intesa nella sua massima perfezione – dopo La forza del destino e prima della luce di Aida al sole dei templi egizi, che apre un nuovo ciclo fino al Falstaff. Nato dall’originale di Friedrich . . . .

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