SULLA CREAZIONE. Piccolo contributo alla immoralità vocante
Vi sono altre forme di appagamento che il coito.
Per bocca soprattutto
J.André
Contro la remotissima profondità della tenebra, lì in quella buia concavità che era in origine il mondo, «Dio disse: “Sia la luce!”» (Gn. 1, 3). Prima di capire le conseguenze sorgive che possiede questo gesto evocativo, mi preme – e mi si perdonerà il gioco di parole – gettare luce sui motivi psicologici che soggiacciono alla creazione tout court. Ebbene, non credo sia irrilevante notare di come questo Fiat lux! abbia il potere che in effetti possiede («E luce fu») proprio in virtù del suo essere gettato lì nel punto più oscuro dell’universo: avrebbe avuto infatti lo stesso vigore se questo ordine lo si fosse pronunciato al crepuscolo o nella leggera penombra? No di certo! Ciò in qualche modo significa che l’Essere entra a piè pari sotto la giurisdizione della creazione solamente quando un suo personalissimo desiderio passa dallo stato di ignoranza – nulla turba l’equilibrio psichico del soggetto – a quello d’impellenza – il soggetto è totalmente assoggettato a ciò che non ha (ma che tuttavia vorrebbe spasmodicamente) –.
È solo poiché quella tal cosa non viene reperita in nessun luogo che diventa ben necessario – a tutti i costi si potrebbe dire – portarla all’orizzonte del visibile (foss’anche solo fugacemente ed
a sacrificio di tutto il resto). . . . .
Immagine: Jan Provost, Annunciazione (prima metà del XVI secolo, olio su pannello, 52×39,7cm. Dickinson Gallery, London and New York)