Per un’idea di memoria. Il medium fotografico nell’opera dell’artista Giosetta Fioroni
Il periodo fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta in Italia fu caratterizzato dalla ricerca di nuove strade nel campo delle arti figurative. Le tendenze affermatesi nel secondo dopoguerra avevano già aperto il campo alla pittura informale.
Il gesto estremo di Jackson Pollock, cioè quello di far sgocciolare il colore sulla tela, aveva assunto un significato emblematico di fuoriuscita dal recinto del quadro. La distruzione di qualsiasi forma e figura, intese come false e artificiali, non significava, tuttavia, la fine della sostanza umana e psichica della pittura, che rinasceva sempre sotto le ceneri dell’informe. Giosetta Fioroni, formatasi nell’ambito dell’astrattismo informale della scuola di Toti Scialoja, visse le sue prime esperienze artistiche in una Roma che era il fulcro della cultura italiana del tempo, in quanto aveva visto l’apertura verso le novità artistiche americane . . . .
Immagine: Ritratto dell’artista in “Vogue Italia”, n. 177, gennaio 1966, Foto di Elisabetta Catalano.