UNA MEMORIA PER IVO GIGLI
La finezza dello sguardo, il riserbo, la parola colta e misurata, scelta con parsimonia, propria di chi per saggezza e stile non voglia sciuparne: questi i primi tratti che affiorano nel ricordare Ivo Gigli, scomparso lo scorso Agosto. Si è già scritto della vasta produzione di poeta e scrittore, dei riconoscimenti, delle partecipazioni ai premi letterari. Mi impone la lunga conoscenza e amicizia dire di alcuni aspetti della sua figura, mentre per la trattazione profonda ed esauriente della sua opera occorrerà altra sede e fini competenze; voglio dire della sua schiettezza gentile, della sobrietà, unita al rigore delle posizioni sempre ferme e solide. La sua umanità intensa e laica lo facevano avvicinare alle tante circostanze della vita con stupore e insieme disincanto, con una malinconia trattenuta, una sottile vena ironica che addolciva sempre la portata degli accadimenti.
Era un amante della vita, delle piccole gioie, delle discrete meraviglie che il giorno sa offrire; lui poeta le sapeva cogliere, carpendo sempre l’inatteso, il momento in cui dietro l’apparenza banale si rivela un segreto; sempre alla ricerca di un senso laico da trovare dietro l’organizzazione delle apparenze. Questa vibrante e sempre minacciata ricerca di un senso spesso si fa largo nella sua opera poetica, dove la curiosità di spingersi oltre, nel rapimento di qualche esile rivelazione, poi lascia posto ad uno stato di smarrimento e di solitudine. Come quando in Racconto si legge:
Ah, quanto era lontana la speranza!
Il miraggio varcava le colline,
le foreste
e il grande mare
che più d’altri confini
varcava sempre più lontano
per trovarla!
Dove l’ampio territorio dell’immaginario deve sempre fare
i conti con il limite della vita.
Poesia piena di sospensioni, di palpiti che ben risuonano nella chiosa di Leggendo Montale, poeta a lui certo congeniale per la scelta curatissima della parola, che fece sua, come per la sonorità mai disgiunta dall’ estesa gamma semantica, nell’elegante incedere delle metafore.
Leggo Ossi di Seppia
Di Montale
E tutta una caligine
Indora coi versi
Un mondo indefinito
Una marina intristita
Che ti spaventa
Ma insieme accontenta
Magicamente un’attesa
il regime notturno gli appartiene, tante le notti evocate, a tratti spaesanti, profonde e piene di turbamenti che d’improvviso dileguano come in Concerto, nell’ arroganza felice delle trombe del Giorno.
Poesia che Gigli sapeva intonare anche nella prosa, e che risuona delicata in uno dei suoi testi forse più toccanti,
La marina perduta: di una Rimini degli anni trenta nella memoria di bambino, puntuale e al contempo mitizzante, una Rimini lussureggiante di giardini profumati, di viali alberati e ancora poco frequentati.
Ma anche la produzione pittorica fu felice, lunga, predilesse contorni decisi, non dense campiture cromatiche; le sue geometrie metafisiche nei forti chiaroscuri si proiettano spesso in lunghe ombre a cui dona una vita propria; disegna spazi transizionali, aperture impensate verso un altrove solo lasciato intuire; solidi, edifici, città trascinate via dai venti; mondo instabile, fragile, dove la presenza umana, se compare,
è perpetuamente in attesa, colpita da un indicibile.
Amante della lettura fino alla fine, di testi filosofici, d’ arte, di critica letteraria, da Diderot a Starobinski, a Fumaroli; letture e ricerche che conferirono alla sua critica artistica profondità e metodo.
E quanto è intensa e al contempo lieve la sua dedica all’amico pittore Luigi Poiaghi, di cui scrive in È morto un poeta
Se l’arte
vuol dire l’indicibile
toccandoti dentro
come una carezza segreta
Luigi Poiaghi
In vita…
più d’altri autori…
c’è riuscito…
* la scelta di questi brani poetici è colta tra i componimenti che, come ad altri amici, era solito donarmi, con semplicità e grazia.
Maria Virginia Cardi (1958), docente di Antropologia delle arti e Antropologia culturale nelle Accademie di Brera e Bologna, si è occupata di storia sociale delle culture artistiche e di strutture simboliche dell’immaginario. Tra i suoi principali lavori ricordiamo, Il rituale del serpente. Antropologia, estetica ed altro (a cura di), Ravenna 1998; Immaginario e comportamento (a cura di), Rimini 2000; Le rovine abitate, Firenze 2000; Città sotterranee, Milano 2007; Anita e Giuseppe Sangiorgi. Intorno alla scuola di arazzi e ricami e alla Galleria antiquaria. Storia di imprenditoria e cultura delle arti 1893-1929, Bologna 2020; ha curato il catalogo dell’opera generale di Antonio Marchetti, Opere, Pendragon, Bologna 2023. Ha scritto su Studi di estetica, Op. cit., Aperto, Aracne, Storia dell’arte, In forma di parole,
Il Cristallo.