UN NUOVO CAMMINO DI SAN FRANCESCO

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UN NUOVO CAMMINO DI SAN FRANCESCO

di Giorgio Innocenti

Il Casentino, anche se può sembrare una valle chiusa, in realtà era zona di transito agevole dove i monti sono più umili, le vie più affrontabili e vi era la possibilità di procedere verso Roma senza l’attraversamento di grossi fiumi.
Padre Vitali, eruditissimo frate della Verna, nella prima metà del ‘600, citò Bibbiena come terra ferax et Passumena[1] che mi fa intendere che tutto il Casentino fosse terra fertile e dal passo ameno. Pericle Perali, importantissimo studioso vissuto tra il 1800 e il ‘900, scrive che le vie più comode per chi doveva attraversare gli appennini verso sud, erano nella nostra zona:
“[…] Gli sbocchi verso il centro Italia, per chi viene dagli Appennini sono due: la Valle del Tevere e la Valle dell’Arno fino ad Arezzo […] Queste due valli sono state sempre le vie di comunicazioni e degli eserciti […]”[2].
Infatti se conosciamo lo scorrere dell’Arno possiamo capire come sia stato quasi impossibile attraversarlo nelle pianure da Pontassieve a Pisa prima che vi venissero costruiti i ponti. Infatti i Romani avevano posto, nel III sec. a. C., solo due roccaforti: Rimini ed Arezzo per chiudere la “porta” che apriva la via ad eventuali invasori verso Roma.
Le più importanti e antiche direttrici nord – sud e viceversa, passanti per il Casentino erano due: quella del Mugello e quella documentatissima proveniente dalla Sassonia fin dall’alto medioevo e che passava per la valle del Bidente. Nella piccola vallata del Casentino ho censito più di 50 spedali che indicano quali fossero le vie frequentate da pellegrini e l’intensità dei passaggi.
Una pista etrusca, poi Romea, ossia la via che veniva da Bologna, era la più importante e senza dubbio la più antica, documentata almeno fino dal VI, V secolo a. C. Sarà quella che nell’alto medioevo diventerà, prima la “Via Maior” ed oggi la via “Romea Germanica” stimata come la Melior Via, dall’abate Alberto di Stade negli Annales Stadedenses. . . . .

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