Marco Cavallo. Il Teatro della Cura di Giuliano Scabia
In occasione dei seminari teatrali e artistici tenutasi a Trieste e organizzati dallo psichiatra Franco Basaglia nel settembre 1973, Giuseppe dell’Acqua e il drammaturgo Giuliano Scabia presentano Marco Cavallo, un grande cavallo azzurro che esce trionfalmente dal manicomio San Giovanni. Era stato realizzato all’interno della struttura manicomiale durante i laboratori artistici voluti dallo stesso Basaglia, intendendo ricreare un vero e proprio polo culturale. Venivano invitati ospiti internazionali per creare stanze di lavoro, come per esempio la stanza del Paradiso, chiamata così per le sue pareti azzurre e i disegni e ritagli dei malati appesi al soffitto e alle pareti.
Nel laboratorio del reparto P di Scabia cominciarono con uno schema vuoto: tutto era possibile, tutto si costruiva man mano che le interazioni crescevano, avendo solo l’idea di costruire qualcosa insieme. Insegnarono a chi non aveva mai dipinto cosa fosse la pittura, l’arte e la creatività; vennero realizzate sculture, disegni, burattini, musiche e testi, in una partecipazione colleriva ininterrotta, crescente ed educativa. I laboratori di teatro, quindi, non sono stati solo un luogo dove i degenti venivano intrattenuti, in quanto le messe in scena realizzate avevano coinvolto attivamente i pazienti e il rapporto malato – sano fu completamente ribaltato.
Questo intervento è stato un momento importante del comunicare, uscire fuori anche dallo spazio teatrale e andare lungo le strade, fra la gente, senza pretesa di educare ma di creare relazioni, istituire parole e connessioni.
Questi laboratori vogliono essere un modello di didattica come pratica di libertà, che attiva la capacità di creare coscienza critica e cooperazione.
La ricerca di Scabia sul teatro della cura può generare nuovi modi di vedere il mondo partendo dalla propria espressività e sensibilità.
Servono dei nuovi Marco Cavallo.