RICORDARE, ESSERE “a modo mio”

 In Presentazioni e Recensioni, Raccordi

 

Esce in questi giorni, per i tipi di Rubbettino Editore, il libro-intervista di Anthony Molino con l’artista esponente della pittura analitica Paolo Masi, intitolato A modo mio. Il volume nasce come omaggio ai novant’anni del Maestro da parte del gallerista Giorgio Ferrarin, che nel 2021 commissiona a Molino il progetto di intervistare l’artista al fine di ripercorrerne la  lunga e affascinante esistenza e portarne alla luce i momenti e i temi topici: dall’infanzia toccata dalla Resistenza al rapporto di amore-e-odio per Firenze; dai turbolenti rapporti familiari ai primi passi nel mondo dell’arte; dalle fughe da Firenze all’esistenza on the road in città come Milano e New York; dalla scoperta dell’amato cartone negli anni ’60 del Novecento ai riconoscimenti odierni del mercato e della critica.  Il libro è accompagnato da una biografia visiva in cui Masi documenta ogni anno della sua vita come lui sa fare meglio, attraverso novanta “tracce” catturate negli anni dall’amata polaroid e collegate tra loro dall’unicità di un segno applicato al suo supporto iconico, il cartone.  La lunga e avvincente conversazione è corredata, oltre che da una nota di Giorgio Ferrarin e dall’introduzione di Anthony Molino, di due interventi critici di Giorgio Bonomi e Rosita Lappi. Diamo anticipazione del volume con la pubblicazione del saggio del Direttore di ARACNE Rosita Lappi dal titolo Ricordare, essere. (Il libro è stato presentato alla fiera di ArtVerona nella sezione Talks sabato 14 e domenica 15 ottobre, alla presenza dell’autore Anthony Molino e del Maestro Paolo Masi).

RICORDARE, ESSERE, di Rosita Lappi

Nella presentazione della sua lunga conversazione con Paolo Masi, Anthony Molino ha voluto preservare l’aspetto informale e spontaneo dell’incontro, conservando e privilegiando i ritmi, le cadenze e l’eloquio del Maestro, al fine di fare trapelare il più possibile la personalità dell’artista, facilitando la lettura in una atmosfera fluida e invitante.

L’incipit di questa conversazione ha l’effetto spiazzante di una radio che si accende e si anima, e l’ascolto è già pieno di voci della scena su cui si affacciano i ricordi del Maestro. Un incontro vivace che assiste all’ondivago, errante e non semplice lavoro della memoria, per raccordare e connettere fatti lontani, visualizzare persone e momenti che conservano, nelle parole dell’Artista, l’aura visuale e sonora della loro remota manifestazione.

Il racconto autobiografico è un processo che si sviluppa attraverso una coralità di personaggi e di sequenze che si affacciano alla mente, come risvegliati dallo sguardo retroattivo: «Mi ricordo quando…». Ma è necessario anche un interlocutore esterno presente, partecipe, curioso e interessato, facilitatore, incalzante organizzatore dei dati narrati, che chieda: «E poi, e poi…?».  Il flusso dei racconti prende forme liquide, scorrevoli in rivoli, cascatelle, disseminazioni, salti cronologici, ma anche forme fratte, lacerti di memorie, vuoti e turbamenti, vivissime geografie narrative. La direzione che suggerisce Molino si affaccia sugli anni giovanili e non trascura nulla di quanto la voce del Maestro lasci presagire, fino a collocarne anche l’impegno politico, che negli anni ’50 era una componente genetica della formazione di una persona, e forgiava nell’artista l’uomo, la sua dimensione sociale, il suo posto nel contesto culturale, la sua identità, in forme così lontane dalle pratiche dell’arte contemporanea.

Il continuo interagire tra Molino e Masi, nelle scansioni veraci di un dialogo che si muove a ondate, dai contenuti pulsanti, è un divenire che implica un futuro presente.
E nel loro dialogo la parola si incarna, si vivifica, e dà forma ai giorni ancora da vivere e da testimoniare artisticamente. Il linguaggio si avvale spesso di figure retoriche e metaforiche di uno spessore immaginifico così pregnante da sentire, nella concretezza del pensiero, una formidabile versatilità visionaria.  E non deve essere stato semplice per il curatore seguire e tenere la “linea storta” dell’intera vicenda esistenziale di Masi, errante, vagabonda, libera; risulta evidente, infatti, tutto il lavoro necessario tanto prima quanto durante il dialogo estemporaneo per trattenere uno spunto, riprenderlo e connetterlo, consentendo di dare continuità alla voce dei ricordi. Ricordi che, come i cerchi concentrici del sasso gettato nello stagno della memoria, nel racconto affiorano e si dilatano.
Il raccontare ha un’importanza cruciale per l’Io, gli consente di storicizzare il dolore, dare voce alle sensazioni magmatiche, trovare le parole per definire i suoi stati e sviluppare il pensiero; per ordinare internamente i vissuti, disegnare nuove coordinate alla propria storia, dandole un senso di continuità. Il tempo è un organizzatore dell’esperienza che procede per eventi ordinari e straordinari, con scansioni e frammentarietà, in un delicato equilibrio. Se sono gli avvenimenti straordinari quelli che catalizzano energie e impongono svolte, sono però gli eventi ordinari e quotidiani, gli eventi minimali, che costituiscono il tessuto che tiene insieme una storia di vita. Tutto un mondo di relazioni del clima culturale e artistico del secondo ‘900 prende vita nelle scene in dissolvenza evocate dal Maestro, figure accennate, implicitamente tratteggiate, mentre scorrono davanti ai nostri occhi i grandi Maestri degli anni giovanili e della maturità di Masi.

L’accenno è una forma linguistica quasi magica. Basta un accenno, difatti, e tutto un mondo, tutto un humus si illumina, si anima. Questo accade perché il Lettore quel mondo l’ha già intravisto, studiato, apprezzato magari attraverso opere e personaggi che sente di conoscere, che in un certo senso gli “appartengono”. Non c’è confine tra il privato e i contesti artistici e storici della vita di Masi, che vibrano nei loro snodi di connessioni e articolazioni. Il sentimento di communitas è innanzitutto una visione mentale, un brulicare di cose familiari, di memorie collettive, di “appaesamenti” che costituiscono l’ambiente identitario di un complesso senso di Sé. Ciononostante, e al contempo, Masi ci fa vedere quanto è forte il rischio di perdersi nelle derive dei suoi movimenti erranti, o di non appartenere ai luoghi e ai mondi stessi dell’arte; di non essere identificato e riconosciuto come artista, di essere anche espulso con indifferenza da quegli spazi, tanto da porsene volontariamente al di fuori, sulla frontiera, per non perdere la libertà anche di decidere della propria esclusione.

La qualità creativa del gesto artistico si apprezza nella forma sensoriale delle immagini narrate, in primis gli ambienti, le strade del mondo che Masi conosce nel millimesimo particolare, tessera su tessera di un reale da errante clochard. Ed è così che vivifica il tombino su cui dorme, la sporcizia che respira, il freddo gelido degli inverni e la soffocante calura dell’asfalto delle strade che percorre. Il passato viene raccolto a piene mani ma tanto viene disperso, necessariamente, come sabbia tra le dita, soggetto alla implacabile dissolvenza del ricordo.
Si ha, a volte, la sensazione di una incolmabile distanza tra la voce narrante e l’oggetto dei ricordi, come se questi sfuggissero al tentativo di raccoglierli in un flusso di vive esperienze passate, di cui lasciano come una evanescenza di luce che illumina solo alcuni angoli, i nomi di persone incontrate, echi di dialoghi e vicinanze intime. Lungo i passi delle fughe del Maestro si compone un quadro appena percepibile di orme misteriose. Il passato, per dirla con l’amato Kerouac, è una terra che si srotola, luogo memorabile di tracce e rovine, che compongono la forma stessa del sentire dell’artista; ed è quel medesimo sentire, in un circolo virtuoso, che permette a Masi il ritrovamento di questi suoi affascinanti resti. Ma la loro unicità traspare come fatto scelto, traccia visuale e onirica dei resti che Molino sa garbatamente governare.

Il tempo restituisce creatività e leggerezza ai ricordi, e li riveste, ammorbidendoli, per gli occhi della nostra mente. I contenuti acquisiscono spessore e significati nuovi, mentre alle fratture e ai dolori si accede con accettazione, con ironia e semplicità. E Masi, da senex saggio e gentile, questi tratti li palesa tutti. Nella distanza tutto sfuma.  Ma nell’autenticità dell’incontro riaffiorano dal mare della dimenticanza fertili frammenti, zolle verdi di testimonianza.

Immagini (dall’alto):

Copertina del libro di Anthony Molino, Paolo Masi, 90 anni a modo mio. Una conversazione a tutto campo con Anthony Molino, Rubettino Editore, 2023.

Senza titolo, cm 66x66x2.5 tecnica mista su cartone (2021, nove elementi in teca di plexiglas)

Steli, cm 24,5x14x4 ciascuna, tecnica mista su cartone in teche di plexiglas (2020-’21)

Polaroid tratta da A Modo Mio, “traccia” 1933-1972 (2023), cm 23×20 (in teca di plexiglas)

Anthony Molino e Paolo Masi all’inaugurazione della mostra A modo mio, Dipartimento di Arti Visive (Soresina, 2 ottobre 2022)

 

Anthony Molino è psicoanalista di formazione anglo-americana e pluri-premiato traduttore di letteratura italiana in inglese. Da oltre 25 anni vive e lavora in Italia, tra l’Abruzzo e le Marche.  Tra i suoi libri ricordiamo: Liberamente Associati (Astrolabio, 1999); Psicoanalisi e buddismo (R. Cortina, 2001); La vitalità degli oggetti (con J. Scalia e L. Baglioni, Borla, 2007); Soggetti al bivio (Mimesis, 2012); e il recente Le zattere di Ulisse (Poiesis 2023). Come traduttore ha reso in inglese, tra gli altri, i poeti Valerio Magrelli, Lucio Mariani, Mariangela Gualtieri e Antonio Porta, nonché commedie di Manlio Santanelli e Eduardo De Filippo, di cui ha tradotto il celeberrimo Natale in casa Cupiello. Nel 2018 la sua traduzione de Il diario di Kaspar Hauser di Paolo Febbraro è stato premiato quale migliore traduzione di un libro di poesia italiana in inglese per il biennio 2016-‘17 dalla Academy of American Poets, la più prestigiosa istituzione letteraria americana. Da sempre attento alle intersezioni tra psicoanalisi e altre discipline, collabora con la rivista online di arte e psicoanalisi Aracne e con l’americana Journal of Italian Translation. Collezionista nonché curatore ha pubblicato, per i tipi delle Edizioni Mondo Nuovo, il libro Oltre la tela. Conversazioni sulla pittura (2020), mentre di prossima pubblicazione per la stessa casa editrice è il volume Egl’io. Uomo, albero sulla fotografia di Giorgio Cutini.

 

Rosita Lappi è psicoterapeuta psicoanalitica, membro Ordinario con funzioni di training e Docente del Corso di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica, sede di Milano, della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica (SIPP).  Oltre al lavoro clinico e alla pubblicazione di numerosi articoli di psicoanalisi e di arte su riviste specialistiche, annovera, tra le sue diverse attività editoriali, la fondazione nel 2011 di ARACNE rivista di cui è direttore.

rosita.lappi@icloud.com

 

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