Fabula rasa ovvero gli occhi al cielo
Nel primo anniversario della morte di Paolo Fabbri, insigne studioso, amico e sostenitore di ARACNE fin dal suo esordio, lo ricordiamo per i suoi studi di semiotica dell’arte, gli interessi multidisciplinari e la sua intensa attività didattica presso le Università e gli Istituti di cultura di tutto il mondo. La generosità accogliente lo rendeva attento e interessato sul piano personale, incoraggiando le Arti, lo studio e la ricerca. I primi numeri della rivista verranno a breve riproposti da Aracne. Furono ideati nella fucina di una redazione entusiasta e fertile, a cui Paolo diede un grande contributo insieme alla moglie Simonetta Franci, Lorella Barlaam, Isabella Bordoni, Maria Virginia Cardi, Rosita Lappi e Sara Ugolini.
Ripubblichiamo il presente articolo, “Fabula rasa, ovvero gli occhi al cielo”, dedicato alla significazione testuale della fotografia, che fa parte della raccolta tematica “La camera ibrida” a cura di Simonetta Franci.
Fabula rasa ovvero gli occhi al cielo
«Il sereno è la più diffusa delle nubi»
(E. Montale)
Nella “megaloscopia” contemporanea (P. Virilio) la fotografia si è come climatizzata e abbiamo un’abitudine quasi narcotica al suo uso. Qui mi interessano invece le Ex-foto, nel senso di Ex-voto, cioè dedicate, come per grazia ricevuta, all’illuminazione d’un problema di senso. L’autore o meglio il corpustestuale prescelto è di Luigi Ghirri, il quale sosteneva vigorosamente che il suo intento non era scattare foto, ma costruire immagini. Il mio intervento s’inscrive quindi nel proposito di Roland Barthes nella Camera Chiara: « Je voudrais faire une histoire du regard.»
Senza però condividere l’opzione ontologica su cui si fonda, che ci sembra fondata sulla specificità del medium analogico a cui fa riferimento. Nella fotografia analogica infatti ciò che è particolarmente significativo è la traccia, la presenza irriducibile del soggetto che è stato o ha posato davanti all’obbiettivo. Una tecnologia che ha generato lo “spettro” della presenza. Ritengo che sia il momento di contrastare il presupposto referenzialista, le riflessioni sull’ontologia fotografica per porci risolutamente il problema della sua significazione testuale. . . .
Immagine: Paolo Fabbri (particolare). Foto di Roberto Testi