Quando è moda. Dallo Stile al Trend

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EDITORIALE

Una metafora particolarmente significativa mi sembra  quella che paragona la moda alle onde del mare (Brenninkmeyer 1963), quando un’onda si solleva in creste comincia poi a dissolversi, immediatamente si formeranno nuove onde che a loro volta si solleveranno in creste.
Le creste appunto: se è moda, è sulla cresta dell’onda.
Come ci ricorda Fred Davis: “Cosa dire delle onde in quanto tali? Seguono tutte lo stesso disegno o variano in ampiezza, velocità e forza? In effetti nella moda, come in un mare agitato, si sovrappongono nello stesso momento diversi tipi di onda (lunga/corta, ampia/stretta, grande/piccola). A seconda di quale caratteristica del repertorio della moda stiamo osservando – silhouette, lunghezza, stoffa, colore, scollature – è probabile che si formi un diverso disegno di onde”.
E se quel “disegno”, solo apparentemente casuale, fosse il tangibile segno del farsi?- Il termine moda – fashion deriva dal francese antico façon che corrisponde al verbo facere – E se nell’increspatura delle onde ci fossero già tutte le correnti che sfidano il dejà vu? Come scriveva Barthes “La moda è la rotazione dei possibili”. Nulla come la moda è voluttuario, instabile, imprevedibile eppure questa sua sistemica fragilità è la sua forza, titanica e prepotente che determina il flusso incessante del suo divenire.
La moda è espressione – di stili di vita, di appartenenza identitaria, di ricercatezza estetica – ma anche rappresentazione: i codici generati dal succedersi delle mode definiscono, nel corso del tempo, norme comportamentali che hanno influenzato l’etichetta ed anche l’etica. Per questo è forse opportuno interrogarci, oggi, oltre al dove e al come, al quando la moda s’innalza sulla cresta dell’onda.
La domanda è la parafrasi di quella formulata da Nelson Goodman: “Quando è arte?”, finalizzata ad una revisione di approcci teorici sulla teoria dei simboli in arte. La scelta di applicarla al sistema moda è motivata dal verificare la sua efficacia investigativa ed approdare a nuove interpretazioni. Nell’opera artistica, secondo Goodman, vi sono proprietà intrinseche – scelta dei colori, la loro pastosità, la variazione delle luci – ed anche estrinseche – quando il quadro fu dipinto, da chi fu commissionato, da chi fu ispirato -, che stabiliscono quando questa sia esempio di una nuova percezione ed apre ad una differente sensibilità, è necessario quindi isolare le proprietà che contano e analizzarle con occhio comparativo.
Prendendo  in prestito l’arguta domanda di Nelson Goodman, l’abbiamo usata come pretesto per tessere il nuovo numero di Aracne dedicato a “Quando è moda?”, con l’intento di far dialogare tra loro dei testi che focalizzano il divenire della moda, da diverse angolazioni al fine di rigenerare il concetto di Stile e di Trend.

  Avendo presupposto che la moda, oltre ad essere espressione, è anche rappresentazione seduttiva non si poteva sottovalutare quanto l’occhio fotografico sia stato fondamentale nel suo processo sociale e culturale, come scrive Federica Muzzarelli in apertura del numero: “… la moda trova nella fotografia lo strumento più perfetto per consentirle la diffusione e la comunicazione di tali fascinazioni”. Con la fotografia, la moda s’inscrive nell’immaginario collettivo come esercizio di stile.
Nel processo evolutivo del sistema moda lo stile si è più volte incontrato, e scontrato, con le tendenze, questo è l’argomento principe del testo di Enrica Morini che ci orienta a ripensare alla fine di un modello: “E’ come se non ci fosse più bisogno di scegliere uno stile preciso per il presente, perché si è garantiti da quello del passato. In realtà, nella maggior parte dei casi non si tratta più di uno stile, ma d’immagine”.
Una pertinente rappresentazione del complice gioco tra stile e tendenze è la figura della donna dandy, di cui scrive Eva Ogliotti, che mette in rilievo quando i codici vestimentari si affermano per duplice rottura di convenzione : “… il termine dandy  quando attribuito alla donna sembra perdere  la propria forza definitoria, venendo identificato con diversi fenomeni di moda  che vanno da una più o meno accentuata mascolinizzazione  degli usi e costumi sino a veri casi di cross-dressing”.
Secondo Vittoria Caratozzolo, la cui analisi verte nell’evidenziare  attinenze e pertinenze tra moda e street style, nel corso del ‘900,  il personaggio dandy viene sostituito dal quello camp, una trasformazione  di gusto che indica altresì un passaggio culturale: “… la relazione tra moda e street style, si è in realtà costruita secondo progressive modalità interlocutorie, come del resto hanno testimoniato nel corso del tempo tutte le forme di reciproca appropriazione culturale innescate e rappresentate dai media della comunicazione”.
Nel testo di Patrizia Calefato, il focus è sull’interessante cambio di paradigma nel mondo della moda, che riconcettualizza la teoria di Simmel fondata su distinzione vs imitazione in un’accezione che restituisce molto senso al contemporaneo: “… negli ultimi anni una qualità diversa del concetto di distinzione si va affermando non come lusso o privilegio, né come estro occasionale, né come contro moda sul modello punk, ma come ricerca  di un adattamento dell’indumento o dell’oggetto alla più personale  e intima configurazione dell’idea di corpo proprio e di benessere individuale, di rapporto  profondo  armonico tra l’indumento e i sensi umani”.
Con l’ultimo testo, last but not least, scritto da Patrizia Magli, ci addentriamo verso le nuove frontiere di sensibilità e percezione della moda contemporanea, la quale non vuole più scrivere la proprio storia rivestendo corpo. Oggi, è la pelle ad essere territorio di conquista creativa sulla quale trama il tatuaggio, ornamento simbolico per eccellenza: “Queste pratiche d’iscrizione nella pelle, infatti, seppure manifestano una nostalgia di fusione  con l’origine  primitiva  non partecipano al racconto della sua fondazione. Ciò che conta è la significazione soggettiva. Ed è proprio in ragione  di questa che per molti giovani di oggi il tatuaggio può essere considerato soprattutto come cicatrice del loro proprio sentire”.

  Quanto fu premonitore Barthes nel pensare allo Stile, ormai compenetrato dal Trend come “voce decorativa di una carne sconosciuta e segreta”? Ascoltando questa voce si percepisce il suono dell’onda che sale, spumeggia e scende.

SIMONETTA FRANCI è giornalista pubblicista e docente di Sociologia della Moda presso l’Università Telematica E-campus. Da sempre coltiva un appasionato interesse per i processi di comunicazione legati alle tendenze culturali e sociali, nella sua erranza intelletuale ha collaborato con diverse testate giornalistiche e trasmissioni radiofoniche, ha organizzato eventi culturali e insegnato a Urbino e Venezia. Vive a Rimini.

frasi24@alice.it

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