Tonino Guerra, un artista rinascimentale nel Novecento
Abstract
Tonino Guerra (1920 – 2012) è un autore che ha segnato la cinematografia nazionale e internazionale del secondo Novecento con il suo stile contemplativo, intimista e simbolico. Nell’articolo si ripercorrono, a grandi linee, le tappe più significative della carriera del maestro. Artista istrionico, interdisciplinare e multidisciplinare, Guerra si è dedicato, negli anni, non solo alla scrittura di poesie, romanzi e sceneggiature per il cinema, ma anche al teatro, alla pubblicità televisiva, alla pittura e alla progettazione di installazioni, sculture e fontane. Attualmente, il gruppo Facebook Tonino Guerra Per Sempre ha avviato una raccolta firme per intitolargli una poltrona al cinema Modernissimo di Bologna.
Parole chiave: Tonino Guerra, poesia, cinema, Romagna, farfalla
Forse la maggior parte del pubblico italiano associa il nome e il volto di Tonino Guerra alla celebre frase dello spot dell’Unieuro dei primi anni Duemila: «Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita!». Ma Tonino Guerra (1920 – 2012 Santarcangelo di Romagna) è molto altro: poeta, sceneggiatore, scrittore, artista multidisciplinare e attivista che ha attraversato ed espresso il suo sentire in molteplici campi. Rivisitatore dell’haiku e fine tessitore dell’immagine lieve, dal tocco delicato e nostalgico; ha collaborato con i più grandi del cinema nazionale e internazionali come: Antonioni, Fellini, De Sica, Rosi, Monicelli, i fratelli Taviani, Angelopoulos, Tarkovskij, Wenders, solo per citarne alcuni, quelli più noti. La sua cifra stilistica, ricorrente nei suoi centoventi film, è ricca di metafore esistenziali e racconti fantastici, e attraversa per più di cinquant’anni la storia del cinema italiano ed europeo.
Tonino Guerra nasce a Santarcangelo nel 1920, da una povera famiglia di commercianti, trascorrendo un’infanzia felice. Nell’estate del 1944, però, la sua vita cambia drasticamente, viene infatti arrestato dai fascisti per un equivoco, e mandato al campo di lavoro di Troisdorf, dove resterà prigioniero per un anno. Per risollevare il morale dei compagni romagnoli, inventa poesia e recita quelle che conosce, poi raccolte da un suo amico e pubblicate al ritorno a casa. Dopo la tragica esperienza scriverà, forse la sua lirica più nota, intitolata La farfalla.
La farfàla
Cuntént própri cuntént
a sò stè una masa ad vólti tla vóita
mó piò di tótt quant ch’i m’a liberè
in Germania
ch’a m sò mèss a guardè una farfàla
sénza la vòia ad magnèla.
La farfalla
Contento proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando mi hanno liberato
in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.
In questo componimento si possono già notare due caratteristiche distintive e onnipresenti nella poetica di Guerra: l’utilizzo del dialetto e il costante richiamo al simbolo della farfalla, inteso come animale totem, protettore, un’immagine di bellezza e libertà che accompagnerà il maestro non solo nei suoi scritti ma, anche e soprattutto, nei suoi progetti artistici. Dopo essersi laureato in Pedagogia a Urbino, e diventato amico di Carlo Bo, inizia la sua carriera di poeta e scrittore, pubblicando una serie di raccolte poetiche e romanzi, anche grazie al sostegno di Zavattini e Vittorini e l’apprezzamento di Pasolini.
Negli anni Cinquanta, dopo aver abbandonato il mondo dell’insegnamento, si trasferisce a Roma per tentare la fortuna come sceneggiatore. Passati i lunghi tempi delle ristrettezze economiche, circa un decennio, finalmente arriva il vero successo negli anni Sessanta e Settanta, con i capolavori di Antonioni, De Sica e Fellini. Sono gli anni d’oro del cinema italiano e soprattutto del cinema d’autore, e Guerra lavora a pellicole che diventeranno pietre miliari della cinematografia e che gli frutteranno, nel tempo, un Premio Oscar al miglior film straniero per Amarcord (1975, scritto insieme a Fellini), quattro David di Donatello e cinque Nastri d’Argento alla miglior sceneggiatura.
Guerra: «Io ho sempre avuto passione per l’immagine e sempre i critici hanno detto, leggendo le mie prime poesie in dialetto, che erano cariche di immagini. Così quando mi è capitata l’occasione di andare a Roma e mettermi nel cinema sono stato felice; felice non perché volevo abbandonare la parola, che non ho mai più abbandonata, ma volevo affondare in quella grande dimensione dell’immagine. Quindi il cinema era una fuga non da me stesso, era un modo per entrare meglio dentro me stesso e scoprire quelle parole che volevo io e con una carica d’immagine che ho sempre avuto paura di non trovare». [Martini G. (a cura di), Tonino Guerra, coll. Una regione piena di cinema, Cinecittà Holding, Modena, 2004, p. 13].
Intanto lavora anche con le case editrici Einaudi, Rizzoli e Bompiani, con quest’ultima pubblicherà la fortunata saga di Millemosche, sette volumi umoristici e antiretorici pubblicati tra il 1969 e il 1974, insieme a Luigi Malerba. La fortunata serie approda anche al cinema col titolo Tre nel Mille (1970) diretto da Franco Indovina e, poi, con delle accorte revisioni, in televisione, con quattro puntate per la Rai, col titolo Storie dell’anno Mille (1973), con protagonisti Carmelo Bene, Franco Parenti e Giancarlo Dettori, ammiccando al successo de L’armata Brancaleone (1966) di Monicelli. Ma le opere di successo di Guerra sono numerosissime, soprattutto quelle scritte in dialetto, come: I bu (Rizzoli, 1972), Il polverone (Bompiani, 1978), Il Miele (Maggioli, 1981) e Piove sul diluvio (Capitani, 1997). Definito come l'”Omero della civiltà contadina” da Elsa Morante, riceve apprezzamenti anche da Ginzburg, Contini e Calvino.
Un grido al mondo
«La nostra preoccupazione per gli altri ha finestre medioevali, così dalle nostre bocche escono soltanto piccole parole che cadono sui piedi come chiodi arrugginiti. Dobbiamo gridare parole grandi che valgano per tutti e siano piene d’acqua buona per le popolazioni, gli animali e le piante assetate, che diano movimento alle braccia ferme e senza gesti di mestieri, che siano cariche di attenzione per l’infanzia disperata: insomma che siano parole per questo uomo o per l’altro, né per questa pelle o quell’altra, siano per l’umanità così da creare un grande sogno collettivo». [Pennabilli, 2000, Tonino Guerra].
Contemporaneamente, fra gli anni Settanta e Ottanta, Guerra è acclamato dalla critica e diventa un importante punto di riferimento a livello cinematografico, non solo in campo nazionale ma mondiale. I maggiori riconoscimenti vengono però dalla Russia, sua patria d’adozione, dove conoscerà la sua musa, traduttrice e poi moglie Eleonora Kreindlina (Lora Guerra) e Andrej Tarkovskij, con cui girerà Nostalghia (1983).
Con Lora, dopo il successo degli anni romani, ritornerà prima al suo paese natale, Santarcangelo, e poi si trasferirà a Pennabilli, nel Montefeltro, vicino San Marino. Qui, il maestro affiancherà all’attività di sceneggiatore e scrittore, anche quella di personaggio televisivo e autore teatrale, oltre che quella di artista e attivista. A Pennabilli e nella Valle del Marecchia, al confine con le Marche, infatti, creerà opere accomunate dall’amore verso i temi ecologisti, il mondo della fantasia e delle tradizioni contadine. In particolare, progetterà fontane, giardini, scritte, tendaggi, mobili, oggetti d’artigianato e design, istallazioni, cicli pittorici, acquerelli, intarsi, graffiti e affreschi, sparsi in tutta la Valmarecchia. A Pennabilli crea anche il museo diffuso “I luoghi dell’anima” che include: L’orto dei frutti dimenticati, dove vengono coltivate piante in via di estinzione e Il rifugio delle Madonne abbandonate, un muro di cinta decorato che raccoglie fi gure di Madonne, delle cellette votive di terracotta e ceramica policroma, realizzate da diversi artisti, e riunite idealmente per sfuggire all’incuria dell’uomo e all’avanzare del tempo nelle edicole votive e nelle strade di campagna.
Guerra: «[…] sento in questo momento il bisogno di ritrovare un po’ di armonia, mi sento un po’ orientale, un po’ zen… Del resto la Romagna è Oriente, Ravenna è la città più orientale d’ Europa. Guardandomi intorno ho la sensazione che il successo materiale ci ha svuotati dentro, che rischiamo di finire tutti senz’anima, come macchine. Io credo che sia importante dare dei piccoli segnali, fare delle piccole cose, ma concrete. Innanzitutto conservare il nostro patrimonio di bellezza, che è grande e minacciato. Per esempio se qualcuno di quei turisti che stanno su quell’orribile litorale, con tutti gli alberghi sulla riva che impediscono di vedere il mare, che ce lo chiudono o chiudono noi da lui… ecco, se qualcuno venisse su nell’ entroterra e guardasse, potrebbe vedere la bellezza antica di questa valle, e di tutti i posti come questo che ci sono in Italia. Per questo è importante conservarli, guardare che non siano rovinati. Per esempio, i colori delle case: non devono stonare con il resto del paese, o con il bosco, se sono isolate. Ci sono oggi delle case tutte bianche che sembrano dentiere sulle colline… Io, con qualche amico, do dei consigli alle amministrazioni, cerco di aiutare, e di fare qualche intervento piccolo, che non disturbi, ma che sia il senso del presente… Non è difficile, sai, fare qualche cosa. Basta essere in pochi, ma battersi. Se ce ne fossero degli altri, come noi, in giro, si potrebbe combinare molto» [Volli U., Tonino Guerra parola di poeta (articolo web), in «La Repubblica», sez. Archivio, 6 luglio 1994, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/06/tonino-guerra-parola-di-poeta.html [consultato il 7.11.2022]
Fra gli anni Novanta e Duemila, il maestro riceve alcuni importanti premi nazionali e internazionali, che coronano la sua feconda carriera, come l’onorificenza di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana (1995), seguita nel 2002 dalla nomina, da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ma Guerra è premiatissimo anche in campo cinematografico e televisivo, con: il Premio Pietro Bianchi (1994), il Premio De Sica (2002), l’Oscar Europeo del Cinema (2002) conferitogli dall’European Film Academy e il Premio Miglior Sceneggiatore Europeo (2004) dall’Unione Sceneggiatori Europei. Nel 1998 riceve la cittadinanza onoraria della città di Rimini e nel 2003 quella di Ravenna. Nel 2005 l’Università di Urbino, dove si era laureato nel 1945, gli conferisce la laurea ad honorem in Lettere, che va ad aggiungersi a quelle conferitegli già in Francia, a Bordeaux e in Russia, a Mosca e San Pietroburgo. In Russia è nominato anche Cavaliere dell’Orden (2000), massima onorificenza di Stato, e Accademico ad honorem delle Arti (2007).
Guerra: «L’ultima lezione di sceneggiatura che ho tenuto a Mosca era sulla differenza tra guardare e vedere. Allora mi è venuto in mente un qualcosa che mi è successo. Faccio fermare la macchina su cui ero perché vedo una panchina, mi voglio avvicinare. Era una panchina di ferro diventata verde, piena di muschio. Ho cominciato a capire perché: la trattoria davanti era chiusa, nel giardinetto non andava più nessuno, la panchina soffriva di solitudine. E allora mi sono seduto e l’ho fatta lavorare. Ho voluto darle un po’ di valore: solo allora stavo vedendo, prima guardavo». [Slow food.it, https://www.slowfood.it/ciao-tonino/].
A Pennabilli, nella sua amata Casa dei Mandorli, trascorrerà circa l’ultimo trentennio della sua vita, a contatto con la natura e curando moltissime cause, fra cui la salvaguardia del suo territorio. Morirà il 21 marzo 2012, giornata mondiale della poesia istituita dall’Unesco e primo giorno di primavera.
Piove sul diluvio
Un montanaro quando si è accorto
che stava per morire
ha cominciato a salutare la sua roba.
Agli alberi da legna
che erano sotto la montagna
gli ha detto che lo dovevano perdonare
se gli aveva rotto le braccia per venderle ai fornai.
Agli alberi da frutto ha cominciato ad accarezzare
le pere, le mele e le susineche erano cariche di sole.
A tutte le foglie dell’orto: l’insalata
la cipolla e i cavoli,
gli ha dato un’occhiata lunga.
Poi, prima di mettersi a letto
che si sentiva molto stanco,
è arrivato a salutare un fi lo d’acqua,
buona da bere, che sgocciolava da una roccia
come fosse un respiro bagnato
e le ha detto: “Acqua che vai giù
fi no a marina saluta il mare
che ho visto una volta soltanto
e mi ha fatto grande impressione
perché da quassù è soltanto
una riga lunga e blu”
Oggi, a curare la sua memoria sono l’Associazione Tonino Guerra e il gruppo Facebook Tonino Guerra Per Sempre, gestito da Mauro Burani, Mario Rossi e Anna Maria Geraci. Questo gruppo, recentemente, fra le molte iniziative intraprese, ha lanciato anche un appello e una raccolta firme per dedicare, al Cinema Modernissimo di Bologna, una poltrona a Tonino Guerra, di cui sotto il testo.
Buon profeta, il maestro Guerra scriveva di sé: «Io sarò utile dopo. Sarò utile poi. Quando all’umanità serviranno le favole e quando l’infanzia conquisterà di nuovo la fantasia che le è stata sottratta dalla modernità». [AA. VV., Ass. Pro Loco Pennabilli (a cura di), Pennabilli. Storia, territorio, musei, Pennabilli (RN), 2019, p. 56]
Immagini:
Foto di copertina, Associazione culturale Tonino Guerra.
Tonino Guerra e la moglie Lora, © di Vera Klokova.
Copertine di libri di poesia di Tonino Guerra.
Casa dei Mandorli, Pennabilli.
Appello “Una poltrona per Tonino Guerra”.
***
ANNA MARIA GERACI, nata nel 1999, è laureata in Letteratura, Lingua e Cultura Italiana, curr. Filologico, e vive a Milazzo (ME). È un’appassionata di lettura, teatro e giornalismo. Amante della natura e del trekking, ha prestato servizio come capo scout nella sua città. Da alcuni anni si dedica allo studio e alla ricerca di uno dei suoi poeti preferiti, il poliedrico Tonino Guerra. A lui ha dedicato il suo saggio “Mangiare una farfalla: cinema e poesia di Tonino Guerra” (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2024). Oggi cura, come amministratrice, il gruppo Facebook “Tonino Guerra Per Sempre”.