Sogno e racconto, due libri intrecciati
1.
Capita a volte di leggere più libri contemporaneamente.
I libri, le storie, sono fatte così.
Vorrebbero essere unici, ma tendono a una naturale promiscuità; si adagiano sui comodini, si incrociano nelle borse e negli zaini, si contaminano.
I libri abitano gli scaffali, ma poi vivono altrove.
Si trovano a vivere nei nostri pensieri, nei discorsi, nelle parole.
Quando li rimettiamo negli scaffali, lo facciamo per trovarli, per collocarli.
Ma i libri sono strumenti generativi: non sono nati per stare fermi.
Solo che poi, quando li recensiamo, cerchiamo di fotografare questi stessi libri, di renderli immobili, di isolarli dallo sfondo.
Ci sono due libri che voglio raccontare, usciti da poco. Ma non posso recensirli, non posso re-scinderli, separarli, devo raccontare come si intreccino, pur non conoscendosi, pur venendo da due mondi diversi.
Il primo è un saggio di Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, uscito per Einaudi: L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico. Parla di sogni, e ne ripercorre l’importanza e il loro essere oggetto di studio attraverso tre tappe importanti: la classicità, la psicanalisi e le neuroscienze.
Il secondo è un pamphlet di Bruno de La Salle, narratore francese, tradotto da Chiara Carminati per EquiLibri: Lettere a un giovane narratore. L’arte di raccontare storie.
Insieme indagano una strana dimensione, che tutti conosciamo e frequentiamo, ma di cui siamo abitanti affatto consapevoli: è quella del sogno a occhi aperti, o del racconto.
2.
“Dei sogni sappiamo poco. Un ombelico, dice Freud, li unisce all’ignoto. Sono immagini di pensiero, racconti involontari che parlano di noi”: il libro di Lingiardi cerca di tracciare storicamente la dimensione del sogno, senza ridurlo a puro fatto psicanalitico. Il primo merito del libro è anzitutto questo, di riconoscere una continuità di “interpretazioni” del sogno prima e dopo L’interpretazione dei sogni. Il sogno è così messaggio divino, modalità di dialogo tra sonno e veglia, segreto dell’inconscio, residuo inconsapevole di un percepito quotidiano, riverbero neurale e altro ancora. I sogni, comunque li interpretiamo, fanno parte dell’esperienza umana, e hanno in noi un ruolo particolare: i sogni (e i signori dei sogni) ci accompagnano nel nostro destino e possono anticiparlo, svelarlo, rivelarlo, prefigurarlo, metterci sull’avviso o perseguitarci.
Del sogno, leggendo Lingiardi, si vede comunque, attraverso i secoli, una posizione particolare, a metà tra realtà e fantasia: i sogni non sono (per definizione) reali, ma dialogano con la realtà e il nostro mondo. Se ciò che sta dall’altra parte della realtà è puramente divino, i sogni sono messaggi degli dei; se crediamo che un velo ci separi invece dal futuro, nei sogni compariranno i nostri antenati a darci i numeri del lotto; se invece viviamo immersi nelle storie, schiacciati dal presente, i sogni possono essere uno spazio delle possibilità dove ci si svelano i segreti del possibile più che dell’impossibile.
3.
La posizione particolare del sogno ha anche una serie di spie figurative, dei modi canonizzati di collocarsi all’interno del nostro immaginario visivo. Il sogno avviene nella sospensione del tempo, e allora le figure dei sogni (aggiungo io) rivelano una immobilità all’interno di un procedere: sono le figure che si stagliano verticali al centro di orizzonti metafisici per De Chirico e Savinio; sono le statue e le presenze immobili di Delvaux, o le strane creature di Dalì e di Tanguy e le loro ombre, ma anche gli atteggiamenti contemplativi di Hopper o le scatole di Cornell.
Nel sogno ogni elemento è libero di ricombinarsi, di unirsi: la causalità dei legami non è materiale, perché le cose non si implicano l’un l’altra, ma si imitano, si assomigliano. I sogni sono analogici, ancora prima che logici.
4.
Bruno de La Salle è invece un conteur, un cantastorie, tra i fondatori del CLiO, Conservatoire contemporain de Littérature Orale. Questo suo Lettere a un giovane narratore è il primo libro che viene tradotto in italiano, e si propone come un atto di amore nei confronti della narrazione orale: racconta come si possano raccontare storie, dove si possano trovare, come si imbastiscono e qual è il loro ruolo.
De La Salle è un didatta riluttante: non vuole allievi, forse, ma seguaci. Persone in grado di capire la strada che ha seguito e pronte per partire alla ricerca della propria strada: il suo parlare è a sua volta un inanellarsi di suggestioni e di consigli, di tentativi di descrivere le componenti fondamentali di una narrazione e al tempo stesso di indirizzare un aspirante narratore.
“Sei come un’aquila che sorvola il mondo, o come uno sciamano che può penetrare tutto ciò che gli si presenta. Fai come lui, abbraccia con lo sguardo ciò che vuoi testimoniare con la tua storia e diventa ciò che descrivi. Potrai misurare come questo potere, questa empatia, questa possibilità di accedere al cuore vivo del tuo racconto ti permettono di scoprire un nuovo potere di comprensione.”
5.
I due libri non spiegano esattamente come funzionino le storie o come funzionino i sogni, malgrado la loro intenzione dichiarata.
Cercano piuttosto di descrivere la presa che hanno i sogni e le storie su di noi, e sono in questo prodotti pienamente classici: che le storie segnino le nostre vite in molti modi è un tema che ritorna a lungo nella nostra letteratura. Le nostre pagine sono piene di amanti che si trovano dentro una storia, come Paolo e Francesca, o di imperatori che fanno dei sogni rivelatori. La nostra esperienza umana è descritta, in modo prescientifico, come una conseguenza del sogno, o come un viaggio nei territori dell’eternità.
In modi diversi, ribadiscono un’aspirazione, un sentimento sotterraneo ma ancora presente: siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, come diceva Shakespeare, come cantavano gli Eurythmics.
Eppure, tracciando dei sentieri propri del nuovo millennio, ci svelano qualcos’altro: sogni e storie sono anche metodi conoscitivi. Fanno accedere a “un nuovo potere di comprensione”, fanno entrare in sintonia con l’inconscio collettivo o con ciò che sta nascosto nei nostri destini collettivi.
6.
In questo nuovo modo conoscitivo, le cose si ricombinano, si scompongono e si riuniscono.
Le storie non sono discorsi ma esistono quando si dicono, i sogni non sono racconti ma chiedono di essere raccontati.
“La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni”, dice Lingiardi, ma potrebbe essere de La Salle.
“Il sogno si esprime in un linguaggio enigmatico. È costituito da immagini a cui vengono associati avvenimenti, persone, gesti, oggetti e parole, in un disordine tutto particolare”, dice de La Salle, ma potrebbe essere Lingiardi.
Esiste un punto di contatto, ed è il sogno a occhi aperti, la capacità di porsi in uno stato mentale altamente ricettivo, in cui tutto si fa sogno o ci invade, pur senza dormire. Qualcosa che a sua volta è tecnica psicanalitica o medianica.
“Coloro che sperimentano questa tecnica [quella dello psicanalista Robert Desoille] ci dicono che si tratta di mettere in opera tre azioni successive: vedere, vivere e verbalizzare. […] vedere e vivere sono solo azioni mentali ma sono comunque azioni”, dice de La Salle.
Lingiardi ci ricorda, con Bion, che “sognare è pensare”, e accenna a questa particolare forma di pensiero, di conoscenza. Poi specifica: “Tolto il primato all’interpretazione, analista e paziente come possono esplorare un sogno per capire le preoccupazioni del sognatore? Fosshage ci fornisce alcune linee guida e sette principi tecnici”; eccoli: ascoltare accuratamente l’esperienza del sogno; ampliare l’esperienza del paziente all’interno del sogno; la scena del sogno non va tradotta o vista come qualcosa che sta al posto di qualcos’altro ma compresa nei significati che vi sono racchiusi metaforicamente; il sogno va affrontato nel suo complesso; a questo punto insieme si possono cercare collegamenti tematici con la vita «reale»; difficilmente il sogno si riferisce all’analista; il sogno può essere utile alla psicoterapia di qualsiasi paziente.
7.
La lettura incrociata dei due testi mi illumina una zona particolare di conoscenza: per secoli abbiamo compreso il mondo attraverso le sue storie; e questo è diverso dal comprendere le storie per svelare il mondo.
Le storie e i sogni possono, naturalmente, essere analizzati.
Ma la loro possibilità di agire su di noi, il loro modo di agire al nostro interno, è diverso.
Se guardiamo alle storie e ai sogni come strumenti di conoscenza, non passiamo attraverso la loro comprensione, ma dentro la loro esperienza.
Una storia e un sogno chiedono, per agire nel nostro stato di veglia cosciente, di essere agiti, di essere “visti, vissuti e verbalizzati”, di essere “ascoltati e ampliati”. Non sono solo tecniche specifiche per far sì che i sogni e le storie non svaniscano, ma permangano: sono caratteristiche insite di un modo antico che abbiamo per conoscere le cose e tramandare le conoscenze.
8.
I racconti e i sogni agiscono attraverso dei simboli, certo; e questi simboli possono essere più o meno compressi e liberati. Dentro sogni e storie ci sono però anche delle azioni, che agiscono su di noi: la comprensione del sogno, dentro il sogno (e dentro la storia), passa per la sua capacità di agire su di noi, per la comprensione che accende dell’esperienza in un’altra persona o in un altro momento.
Capiamo perché scopriamo cosa succede, e perché questo accade ancora in noi.
La comprensione non è conoscenza, forse.
Ma se non esiste intelligenza senza conoscenza, non può esistere saggezza senza comprensione.
9.
I sogni sono esperienze incarnate, sono destini, sono personaggi ancora prima che persone. Sono cose che ci accadono in un modo che genera latenza, che funziona perché riverbera a lungo, almeno fino a dopo il risveglio.
“L’arte della madre consiste nel distrarre il bambino. Ora lei ha finito di raccontare una storia. Il bambino vuol “sentire di più”. […] L’idea è così potente da essere sufficiente per tutta la durata della vita di un individuo”: le parole stavolta sono di Kierkegaard, in una serie di piccoli saggi recentemente ripubblicati da Morcelliana.
“Il piacere che hanno, specialmente le donne, e specialmente quelle meno istruite, nello spaventare i bambini con racconti fantastici di ogni tipo […] dipende dall’autocompiacimento: dà piacere ossia eccitazione vedere il bambino angosciato per ciò di cui noi stessi non siamo angosciati, di cui noi stessi vediamo la nullità. […] Ogni essere umano deve vivere per imparare l’angoscia affinché non vada in perdizione per non aver mai avuto angoscia o essere sprofondato nell’angoscia; chi invece ha imparato l’angoscia nel modo corretto, ha imparato la cosa più alta.”
10.
Le storie e i sogni sono una riserva di esperienze cui non abbiamo accesso diretto: o perché non sono lì, o perché non possono esserlo. Su questo c’è una vasta letteratura.
Il punto nuovo (eppure già presente in modo non chiarissimo in Kierkegaard) riguarda il modo in cui le storie si possono acquisire e comprendere: le storie non hanno bisogno di abbondanza, ma di ridondanza; le storie chiedono efficacia, cioè la capacità di trasmettere un’emozione; vivono nelle azioni, come diceva già Aristotele nella Poetica: perché le azioni sono ripetute, replicate, vicine ai nostri occhi.
Conosciamo attraverso le storie, perché accediamo a zone segrete, recluse, inaccessibili, anche di noi stessi, o del destino, o del mondo, o dell’ultramondo. Le storie e i sogni sono varchi, e per aprirli vediamo, viviamo, verbalizziamo.
11.
Il mondo del sogno avviene, figurativamente, in una sospensione del tempo.
In questo tempo sospeso avvengono piccole azioni, che fanno ripartire il tempo perché nel tempo sono situate: il passaggio tra le due dimensioni avviene con il farsi di un’azione. È quello che accade nel balzo della tigre di Dalì o nel momento in cui il carrello dello studente a Hogwarts si trova al binario 9 e ¾.
Non c’è bisogno di analisi.
Servono dettagli, ascolto, compresenza.
E qualche cosa che batta un piccolo ritmo, una scansione che ci faccia passare dentro e fuori del sogno: il battito del nostro cuore, o di un altro cuore con cui battiamo all’unisono.
Bibliografia:
Bruno de La Salle, Lettere a un giovane narratore, a cura di Caterina Ramonda, traduzione di Chiara Carminati, EquiLibri 2023
Søren Kierkegaard, L’arte di raccontare favole ai bambini, traduzione di Gianni Garrera, Morcelliana 2018
Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno, Einaudi 2023
Immagini:
Salvador Dalì, Sogno causato dal volo di un’ape, 1944
Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno. Einaudi 2023.
Bruno de La Salle, Lettere a un giovane narratore, a cura di Caterina Ramonda, traduzione di Chiara Carminati, EquiLibri 2023
Paul Delvaux, Le vestali, 1972
Antonio de Pereda, Sogno del nobiluomo, 1670
Yves Tanguy, Il giorno blu, 1937
Edward Hopper, I nottambuli, 1942
Joseph Cornell, Senza titolo (Tilly Losch), 1935-1938
Eurythmics, Sweet Dreams, 1983
Evan Robertson, Illustrazione per La tempesta, 2020
Soren Kierkegaard, L’arte di raccontare favole ai bambini, traduzione di Gianni Garrera, Morcelliana 2018
Alberto Savinio, I re magi, 1929
Giorgio De Chirico, Muse inquietanti, 1917-1919
Beniamino Sidoti lavora da oltre trenta anni agli incroci tra gioco e narrazione: è autore tradotto in venti lingue, consulente, studioso e organizzatore. È tra i fondatori della manifestazione LuccaGames, il più importante festival ludico europeo. Tra i suoi libri il Dizionario dei giochi (con Andrea Angiolino, Zanichelli, 2010; ora Unicopli, 2022), Strategie per contrastare l’odio (Feltrinelli, 2019) e Stati d’animo (Rrose Sélavy, 2017).