“Poor Things” educa alla riappropriazione del corpo: dinamiche e conflittualità del processo performativo

 In Presentazioni e Recensioni

 

Abstract:

Il corpo è da sempre un ponte tra un soggetto e il mondo nonché la manifestazione dei bisogni e dei desideri degli esseri umani, senza tralasciare il suo essere un filtro trasparente dove convergono tutte le ricezioni dei sentimenti, delle passioni e degli stati d’animo. La tradizione tra gli studiosi è lunga e proficua, divisa in due scuole di pensiero: alcuni sostengono che ha un’importanza limitata essendo il contenuto interiore il vero “io”, altri pongono attenzione particolare alla corporeità nella sua esistenza materiale, affiancando l’essenza fisica del corpo con processi di riappropriazione per avere pieno possesso e controllo di esso. L’ultimo film del regista Yorgos Lanthimos, Poor Things (2023), mostra in modo effettivo quanto il corpo abbia la sua rilevanza e altrettanto fondamentale sia averne la piena autonomia. Alcune categorie incontrano maggiori resistenze nell’esercitare dominio sul proprio corpo, basti pensare anche solo all’universo femminile e a quanto il piacere venga demonizzato e occultato come qualcosa di cui vergognarsi. Bella Baxter ci insegna che prendere coscienza di sé è possibile, attraverso un percorso lento e lungo, ed è altrettanto sacrosanto che ognuno raggiunga il pieno controllo del proprio corpo, liberandosi da taboo e pregiudizi sociali.

Keywords: Poor Things, Lanthimos, corpo, femminile, dominio

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Il corpo rappresenta da sempre il filtro mediatore tra un soggetto e il mondo, una lente quasi sempre trasparente su cui si riverbera il modo di vedere la realtà che è inevitabilmente diversa e sfaccettata a seconda dell’agente di riferimento. Nella lunga tradizione degli studi sul corpo, spaziando tra le varie discipline dalla filosofia all’antropologia fino a toccare il campo della medicina, le scuole di pensiero si sono articolate su due piani. Da un lato, abbiamo studiosi che rivendicano la supremazia del pensiero, o possiamo dire dell’appalto interiore, o ancora se raziocinio rispetto alla materialità corporale. Pensiamo a Cartesio, con la massima nota a tutti “cogito ergo sum”[1], che fa dipendere l’esistenza (anche e soprattutto nella sua accezione corporale e materiale) dalla facoltà razionale di cui sono dotati gli esseri umani. D’altro canto, abbiamo studiosi che riaffermano il ruolo centrale e preponderante del corpo in quanto entità fisica che ci connette con il mondo esteriore. Da qui l’importanza di materializzarlo, attribuendogli significati altri, politicizzandolo, strumentalizzandolo, anche allo scopo di riacquistarne il pieno controllo e la totale autonomia nella scelta. Lo slogan femminista “my body, my choice”[2] entra in gioco ogni qualvolta si parla di millantare azioni pratiche che hanno ripercussioni sul corpo materiale degli esseri umani, su cui soltanto i diretti interessati dovrebbero avere il potere decisionale di esprimere le proprie preferenze nel nome di una piena libertà ed integrità.

 

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Nell’ultimo film di Yorges Lanthimos, Poor Things (2023) tradotto in italiano con Povere Creature, è centrale il ruolo del corpo e l’ottenimento dell’autonomia su di esso, nonostante le molteplici resistenze che il mondo interpone soprattutto avendo a che fare con soggetti femminili dove la libertà sembra sempre co-dipendente dall’egemonia maschilista e paternalista. L’archetipo di esplorare la propria libertà andando alla ricerca di sé stessi nel mondo è cosa consolidata, ma ancora non facile come dovrebbe. Bella Baxter, la protagonista, cerca di conquistarsi da sola la propria libertà un passo alla volta, scontrandosi con le rigide classificazioni della “buona società”, come viene identificata dalla stessa. Tale costruzione sociale tende ad offuscare la capacità agentica dei soggetti femminili, demonizzando tutto ciò che al contrario viene percepito come apprezzabile negli uomini, come l’indipendenza, il godimento raggiunto mediante piacere sessuale e la piena espressione della vita stessa. Nelle prime scene del film, intuiamo come una ragazza incinta suicida nel Tamigi viene raccolta ed utilizzata come oggetto di un esperimento da parte di uno studente di medicina, Max McCandles, sotto richiesta del chirurgo Godwin Baxter, il quale tenta di mettere in piedi un’operazione alla Frankenstein, trapiantando il cervello del feto nel corpo della giovane donna. Da lì nasce una situazione distopica nella quale una donna dalle sembianze adulte agisce ed elabora pensieri come una neonata, rendendo quasi grottesco lo scenario.

Quello che colpisce, però, è notare come viene fuori l’ingenuità primitiva dell’Es[3] rispetto al predominio del versante razionale, nonché la pulsione libidinale molto spiccata nelle prime fasi di scoperta dell’infanzia che viene invece sommersa andando avanti con l’età.

 

 

Bella è un esempio di resistenza al sistema normativo che demonizza “la vocazione ad essere sé stessi”, per dirla con le parole di Michela Murgia. È l’esempio di un prodotto che riformula la posizione assegnata al ruolo femminile, esplorando modalità alternative di vivere il proprio essere donna passando per l’affermazione del proprio piacere sessuale e per il rigetto di norme antiquate di buona educazione casualmente coincidenti con l’essere compiacenti e al proprio posto perché non è consentito dire la propria opinione. Attraverso l’esplorazione graduale dapprima dell’autoerotisimo, poi della filosofia e infine di una politica di stampo socialista, intermezzate da viaggi in giro per l’Europa e scambi di interazioni con clienti e prostitute di bordelli, si va delineando sempre più quell’attitudine ribelle e anticonformista della giovane.

Il film mostra anche come i ritorni siano spesso fallimentari, specie nei casi in cui l’allontanamento sia stato motivato da ragioni più che valide. Difatti Bella tornerà dal suo ex marito, Alfie Bellington, che si presenterà sul momento in cui era in procinto di sposarsi con Max McCandles, ma tornando a casa con l’uomo capirà il motivo per cui si era suicidata gettandosi nel Tamigi: la sua condotta tirannica.

Sul finale Bella tornerà da Max e si dedicherà a continuazione degli studi di anatomia che aveva iniziato il suo creatore, ormai morto e da tempo malato terminale. La sua traiettoria è stata lo slancio alla scoperta di sé, configurandosi come atto libertario nello scegliere chi e come essere, dove e perché, perché solo avendo la libertà di scoprirsi e di conoscere strade alternative si può scegliere consapevolmente dove restare.

Note

[1] Cartesio, Principia Philosophiae (1644).
[2] Slogan femminista entrato in uso a fine anni 60 per indicare le battaglie femministe circa i diritti sulla riproduzione delle donne. In seguito, è stato usato a modello nelle varie nazioni ad indicare la lotta femminista globale contemporanea.
[3] Pronome neutro tedesco adoperato in psicanalisi, prima da G. Groddeck poi da S. Freud, per designare la fonte impersonale, inconscia, delle manifestazioni della vita istintiva, per cui non tanto ‘io ho sognato’, quanto ‘es träumte mir’ (‘qualcosa’ ha sognato a me).

Immagini

Locandina, Poor Things, regia di Yorges Lanthimos, 2023
Scene del film Poor Things, Emma Stone e Mark Ruffalo, 2023

 

Giada Salvati, classe 1999, studia Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale presso l’Università degli Studi dell’Aquila. Dopo aver conseguito la laurea triennale in Mediazione Linguistica e Culturale, ha iniziato a collaborare in veste di giornalista con due quotidiani locali quali MarsicaLive ed AbruzzoLive, oltre ad aver pubblicato articoli su riviste intrecciando temi nel suo campo di ricerca che si muove nei confini della postmodernità focalizzandosi su: identità, corpo, genere ed effetti della tecnologia.

 

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