“CAPITOMBOLI”, OVVERO L’ARTE DI CADERE
Occupandomi di crolli esistenziali nella mia attività clinica psicoanalitica, la lettura del libro “Capitomboli” mi ha dato delle prospettive di lettura della caducità umana di sorprendente, profonda ed esilarante ironia. Scritto da Beniamino Sidoti e illustrato da Roberta Angeletti (Sabir Editore, Savignano sul Rubicone, 2024), il testo narra di quei cambiamenti di stato repentini e vorticosi, fluttuanti o precipitosi che capitano nella vita, collegando il mondo reale degli accadimenti al mondo interiore e agli stati mentali a cui sono correlati.
Il testo e le illustrazioni spaziano tra terra e cielo, in orizzonti colorati, blu azzurri turchesi, spazi in cui librarsi di luce e di infinito. Vi è la caduta elegante, quasi un galleggiare nell’aria, per non scomporsi e imbarazzarsi, e la caduta distratta della testa tra le nuvole, in cui non sembra ci si faccia un gran male. Perché a volte uno slancio e un bel salto ci vuole per superare l’ostacolo, per prendere il volo dopo una insistente esitazione. Ma quando la caduta è cupa, beffarda e odiosa, il precipitare è doloroso. E lascia uno strascico di brutte sensazioni, ferite nel cuore o devastazioni nell’orgoglio. E si cade nel buio, nell’incertezza di sopravvivenza, nella disperazione.
Come nella caduta fisica, quella che ci abbatte e frantuma le nostre ossa quando sentiamo di avere un corpo fragile e una struttura precaria, così nelle cadute psichiche sperimentiamo la fragilità delle nostre impalcature emotive, delle nostre protezioni, delle nostre sicurezze e coesioni. La gravità della caduta si manifesta quando ci sottrae forza e unità, ci fa palpitare di paura, ci allarma verso pericoli angoscianti, ci porta nell’incertezza, nello smarrimento, nel non riconoscerci più, facendo l’esperienza di noi stessi minacciati. E sperduti, soli, disarmati.
Lo psicoanalista Donald Winnicott leggeva, nel suo testo Paura del crollo (1971), una riedizione di vissuti primari di stare precipitando senza soccorso, del fallimento di ogni difesa interna, della sensazione di diventare folli. Descrive il crollo come un impensabile stato dell’essere dovuto all’effrazione violenta e mortifera che proviene dall’ambiente non protettivo o violento, ma anche dalla immaturità delle difese psichiche. Una esperienza che non potrà essere integrata come vissuto perché non è stata presentata dall’adulto come comprensibile e sopportabile. Thomas Ogden (2015), nella rilettura del testo di Winnicott, ci lascia percepire la impossibilità di questa ricognizione salvifica: Il bambino, solo e fuori dal legame madre-bambino, è in uno stato di terrore e usa la difesa più primitiva, si annichilisce preventivamente, cortocircuita l’esperienza impensabile che lo sta devastando, disintegrandosi. Un crollo che è già accaduto ma che non è stato mentalizzato, rimane nelle trame inconsce senza comprensione, allarma le difese più primitive come se stesse sempre accadendo, uno stato patologico come un continuo salto nel terrore.
Ma Capitomboli parla anche di altre cadute, o meglio di slanci, di voli, di traiettorie estrose, di svolazzi simbolici, di tessiture visionarie. Nella clinica della psicoterapia queste escursioni sono prodromi di una risalita vitale e creativa di nuove risorse, in cui l’esuberanza vitale viene correlata al gioco e al suo rapporto con l’inatteso e lo stupore, un’area potenziale dotata di urgenza e creatività che libera affetti vitali e buone esperienze relazionali autentiche e reciproche con gli altri.
Capitomboli è un libro per bambini e per i loro “grandi”, siano genitori, nonni o insegnanti. Che leggendo le storie le animano per loro, le rendono vivaci, espressive di voci e movimenti, credibili e vere, emozionanti perché ciò che accade ai personaggi accade veramente nel qui e ora della lettura. Il dispositivo affabulatorio, come nello schermo cangiante del sogno, può contemplare anche lo squilibrio e il vuoto come elementi di ogni caduta. I grandi parlano ai bambini di evenienze loro accadute a cui danno interpretazioni di cose vissute, mimano le giravolte e i tuffi carpiati, si contorcono in capitomboli e voli che si librano nel cielo, portandoli sul loro tappeto volante … E così li preparano alla vita.
Questi giochi di parole e queste bellissime immagini sono quanto di più corporeo e concreto vi sia, ruzzolano nella bocca, vibrano di energia visuale, fanno chiasso percettivo, sono gesti mimetici, agiscono una azione, uno slancio, un sollevarsi da stati diversi, un riannodarsi e scomporsi delle profonde intelaiature da cui siamo tenuti.
Imparare a cadere e a rialzarsi è un gesto di amore. Ma è anche un bel gioco che gli autori propongono nel laboratorio che chiude questo brillante e sbrilluccicoso manuale, divertente da leggere e da provare, da attraversare a proprio rischio.
Bibliografia
Roberta Angeletti, Beniamino Sidoti (2024). Capitomboli, Sabir Editore, Savignano sul Rubicone.
Donald Winnicott, (1971). Paura del crollo, in Esplorazioni psicoanalitiche, Milano, Raffello Cortina, 1995.
Thomas Ogden, 2015. La paura del crollo e la vita non vissuta. Rivista di psicoanalisi, 2015, LXI.
Rosita Lappi è psicologa e psicoterapeuta psicoanalitica, membro Ordinario con funzioni di training della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica (SIPP) e della Federazione Europea di Psicoterapia Psicoanalitica (EFPP). Ha pubblicato numerosi saggi di psicoanalisi su libri e riviste specialistiche. Nel 2011 ha fondato e dirige la rivista online “ARACNE”, www.aracne-rivista.it.
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