“Piccolo e grande colà si toccano”. I disegni di Thomas Geve

 In Artisti fuori, Tematiche

Thomas Geve, Der Lager Schutz, 1945

Quando venne liberato, nell’aprile 1945, non sapendo che dei suoi genitori solo il padre è sopravvissuto, con poche matite colorate, il tredicenne Thomas Geve decide di raccontare la penombra che ha attraversato, servendosi del retro dei moduli e dei formulari delle SS. La sua è una scelta stilistica, la scelta di ridurre le dimensioni delle persone (e delle cose) non è solo dettata dalla necessità. Come altri autori costretti a rappresentare l’esclusione (prigionieri politici, si pensi a Ernesto Rossi; detenuti comuni, si pensi al repertorio raccolto già sul finire del XIX secolo da Cesare Lombroso) la profondità della ferita viene resa visibile dalla alterazione delle proporzioni, dalla richiesta che con forza viene fatta a chi s’accinge a guardare dentro le cose.

Nei disegni di Thomas Geve l’enormità dello sterminio è miniaturizzata. Piccolo e grande, nella tradizione ebraica, spesso si toccano, come insegna Giobbe (3, 19). Per capire si deve rimpicciolire, non ingrandire. L’urlo non è parte di questa rappresentazione. Geve affida così la sua testimonianza a 79 piccolissime scene simboliche, spinto da una forza interiore simile a quella che spingeva testimoni-superstiti più anziani di lui a tenere un diario o a scrivere una memoria.

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