Care foto. Riflessione ai margini di un archivio famigliare
Care foto, talmente care da essere per tanto tempo scivolate nell’oblio.
Pare una contraddizione, e invece non lo è. Conosco molti casi di famiglie assai più ricche di memorie rispetto a quella di cui scrivo, che lasciarono all’aura del tempo le immagini della propria storia. Oblio e non dimenticanza.
Ho cercato di esplorare le ragioni culturali di questo sentimento complesso, che è anche il mio; la dominante più di spicco dello stato di coscienza del raccoglitore o del depositario di tali beni è l’horror vacui di fronte alla moltitudine delle foto o degli album, il gran mare del tempo tra noi e quegli sguardi così vivi, che spesso abbiamo difficoltà ad identificare; spesso gli archivi fotografici di famiglie assai stratificate constano di migliaia di ritratti, è un’impresa contenere tale enormità di storie, di vicende cui le immagini si riferiscono.
Il tentativo spesso fallisce, anche per l’arduo adempimento di una riorganizzazione che le valorizzi, ma che più ancora le renda fruibili attraverso una nuova narrazione, che le contestualizzi al fine di farle parlare ancora.