GIULIANO GIULIANI. Tra il Bello e il Sacro
Giuliano Giuliani è poeta della pietra. Del nativo travertino, che da sempre canta, e esalta. Che stira, piega, onora e prega. Che osanna, generando onde e ali di un bianco solenne, leggero, nate dalle viscere della terra, che Giuliani invoca e fa emergere come per un atto di resurrezione. E lo fa obliterando quasi ogni traccia della violenza che pure opera sulla materia, per evidenziarne – nel conferirle vita – soltanto la propria ferita, insita in quel suo tempo immemore. Ed è quella ferita sottile quasi una carezza, che vuole ricordare la precarietà che è di tutti noi, per anelare infine al sacro, dimensione che Giuliani dichiara essere, a noi uomini di oggi e domani, necessario e assoluto. A tal proposito, dice della sua arte: “É la mia sensibilità che esige e dona alla pietra le qualità innegabili di trasparenza e fragilità. É questa leggerezza, questa fragilità, che danno il senso più profondo a ciò che io, e tanti di noi a volte, sentiamo di vivere: ovvero, al senso della nostra precarietà. E questa mia scultura ‘leggera’ risulta bella, credo, non solo per la sua forma ma proprio perché richiama la precarietà e il suo valore simbolico…”
Immagine: G. Giuliani, Caravaggio (2012), 153x62x60 cm, collezione privata.