La trasparenza: fine o mezzo?

 In Nuvole in viaggio, Rubriche

“Poiché né l’involucro né l’oggetto velato è il bello, ma l’oggetto nel suo involucro […] Poiché non si può definire altrimenti quell’oggetto a cui l’involucro è in definitiva essenziale.
Poiché solo il bello, e nulla fuori di esso, può essere essenziale velando e restando velato,
nel segreto è il fondamento divino della bellezza”
(Walter Benjamin)

Una riflessione sulla trasparenza – termine oggi abusato e invocato soprattutto in relazione alla politica, alla giustizia, all’economia e alla libertà d’informazione – e sul concetto che ne deriva, inserito in un contesto come quello della società cosiddetta “post privacy”, in cui si esige spesso una   rinuncia alla sfera privata, in nome di una presunta comunicazione cristallina.
La trasparenza è un valore in sé? Oppure: lo è stata, oggi non lo è più e va “maneggiata con cura”?
Secondo il filosofo coreano Byung-Chul Han, la trasparenza è la più forte delle mitologie contemporanee: l’ideale della trasparenza è un concetto illusorio, un concetto che si trova già in Eraclito, poi in Sant’Agostino, e ancora in Freud; ma l’uomo non è mai trasparente a se stesso. . . . .

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