Plasmare. Il calco e le mani
“Le mie mani lavorano inizialmente guidate dagli elementi sacri che accompagnano una liturgia che viene eseguita “senza pensare”: l’olio, il gesso l’acqua e la temperatura corporea, mia e del soggetto/oggetto.
Quando tocco la pelle, scivolandole sopra con il velo d’olio, osservo il suo colore, il fototipo.
Siamo incredibilmente tutti così diversi, e davvero la pelle è il nostro organo più esteso, il più esposto.”
Nel lavoro di Paola Michela Mineo, il processo creativo da cui prendono forma le sue opere mostra la natura complessa dell’esperienza relazionale dal potente approccio emotivo, definibile fin da subito come un’arte multisensoriale. Con tocco sapiente le mani dell’artista lavorano garze e gesso con una tecnica essenziale e rituale, plasmando il corpo nudo. Il calco-scultura ne trattiene la forma e sembra dotarsi di una propria vita autonoma e spirituale, bianco, leggero, senza materia e densità, una rêverie visiva dell’origine, una vela che si gonfia e si libra, che respira. Opere di una bellezza antica, cesellate e illuminate dalla loro natura di impronta, matrice non destinata alle copie divenendo essa stessa opera originaria.
Come la maschera degli antichi, il calco condensa il dramma dell’identità umana in forme elementari, un simulacro più reale che estetico, ancora pieno della sua potenza espressiva…
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