Il traduttore negli scambi di civiltà
A un traduttore.
Non è dato sapere come gli astri
abbiano cospirato a trasferire
le mie ossa d’inchiostro fra i tuoi lidi.
Un uomo di rispetto ha asseverato
che era tuo giusto compito
raccogliere il sale che resiste
nel mio verbo, la storia inconsumabile
ordinata per non smutarsi in polvere,
che solo il tuo talento era capace
di preservarne gli echi in altro idioma
giocando lungo il filo dell’enigma.
Allora ci soccorrano
i saldi resti e non ingrate lune
perché prodighe le farfalle del tuo sangue
siano fide compagne nel viaggio
a un canto solitario.
Lucio Mariani, Farfalla e segno: Poesie scelte 1972-2009, Crocetti Editore, 201
Vorrei accendere una piccola luce su un profilo minore nel confronto di civiltà e su uno sparuto esercito di negletti che in quel confronto ancora oggi combattono.
L’evidenza empirica ha dimostrato che l’esplorazione del mondo, la spinta alla conoscenza, la curiositas sono bisogni insopprimibili dell’uomo anche quando non sia sollecitato dal suo istinto di sopravvivenza e non debba sottrarsi a minacce incombenti.
Così dalle guerre di conquista o di religione alle migrazioni, dal primo incontro fra umani ai processi di seduzione, è sempre sorta la necessità di conoscere la lingua e il logos dell’altro e di far conoscere i propri. . . .