“Guardare la terra negli occhi” (Terra di Padre)

 In Raccordi, Rubriche

Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare… (Genesi 2, 4-9)

Quando guardo le singolari creazioni di Maurizio Righetti, la mente spazia lungo un arco temporale di quasi un secolo, e colloca l’opera del cinquantenne artista chietino tra due punti che ne delimitano, a mio vedere, la matrice culturale e artistica. Penso alla nobiltà scarna, quasi derelitta, delle scarpe di Van Gogh; scarpe spesso consunte, deformi, che sanno di terra anche se, a riguardare bene le numerose versioni dell’immagine divenuta iconica, non vi è quasi mai traccia della terra acre e nera che quelle scarpe hanno calpestato, in cui si sono impiantate e infangate, in cui hanno sudato, gioito poco e pianto, probabilmente, molto. Eppure quella terra contadina c’è, se ne avverte ovunque la piena, gommosa e umida densità, i secchi grumi sgretolati sul pavimento. . . .

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