Catabasi Figurale. Sull’incarnazione passionale delle Immagini

 In Iconolibidica, Rubriche

 

Che il Cristianesimo sia da considerarsi come la religione del Libro, del Verbo, della Parola Rivelata, questo è fuor di qualsiasi ragionevole dubbio. Ma ciò non toglie vigore alcuno alla propensione smaccata che questa fede dimostra verso il mondo immaginifico – non si trovano invero con facilità altre religioni così inclini alla figurazione pedissequa del proprio Credo, che rischiano cioè (come avvertito perfettamente dalla fazione iconoclasta al Concilio di Hieria del 754 d.C.) di fare dell’immagine il proprio ed unico credo –. A ciò, e mi si perdoni la sinossi vertiginosa, va aggiunta un’altra peculiarità eminentemente Cristiana: la professione della carne. Questa religione non sarebbe invero nulla senza quel peculiarissimo magistero che essa ha fatto della carne, declinato a sua volta nelle grandiose opere di incarnazione e resurrezione – passando dal «Si accorsero di essere nudi» (Gn. 3,7), tutto il Cantico dei Cantici e il paolino «Se non esiste risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto!» (1Cor. 15,13) – . . . . .

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