Rimosso culturale e di genere al tempo di Macbeth: sangue maschile, sangue femminile, impurità e il sangue delle streghe
ABSTRACT
Seguendo una lettura freudiana e post-freudiana nutrita anche di teorie femministe e neo-storicistiche applicate alla letteratura del teatro rinascimentale inglese, l’autrice mostra come la metafora del sangue in uno dei testi canonici per eccellenza, il Macbeth di Shakespeare, sia una metafora privilegiata di molte delle contraddizioni del tempo e faccia luce dunque sul “rimosso” culturale del tempo. Il sangue nell’opera è quello femminile, impuro per eccellenza, in quanto nella costruzione culturale del tempo le donne stavano dalla parte del diavolo, se la catena binaria gerarchica del potere al tempo vedeva Dio-padre-uomo da un lato versus Diavolo-figlio-donna dall’altra: paradossale dunque la figura della Regina Vergine Elisabetta, morta da due anni quando Macbeth viene rappresentato la prima volta, che con il suo corpo occupava il potere di un re ma la posizione subordinata e impura della donna, dalla parte del Diavolo. Il sangue dell’opera è anche quello del calderone delle streghe, che con la loro parola profetica indirizzano tutta la traiettoria dell’opera, e sono le vere protagoniste del mondo alla rovescia dell’infernale regno dei Macbeth, che attentano con successo alla vita del Re, ma soccombono perché la Lady cede alla follia e Macbeth cede per mano del vero eroe dell’opera, Macduff, un “non nato da donna”, nelle parole delle streghe, perché nato anzitempo da parto cesareo, quindi non contaminato dagli orifizi corrotti del corpo femminile; sangue infine della guerra e dell’omicidio ma anche il sangue della stirpe, quella che condanna Macbeth, comunque, a non avere eredi e quindi ad avere ammazzato per nulla, quell’ossessivo nothing che suggella l’esistenza dell’assassino Macbeth, per cui non ci sarà una eredità per la coppia fatidica.
Immagine: John Singer Sargent, 1889, Ellen Terry as Lady Macbeth (particolare). Tate Britain.
