Gli autoritratti di Helene Schjerfbeck
Il ritratto umano si colloca all’origine del lungo percorso dell’arte e accompagna la vicenda umana come un documento via via cangiante e penetrante nel suo farsi specchio e riflesso della sua evoluzione. La pratica dell’autoritratto rivela una qualità narrativa spesso più incisiva e inconsapevole della narrazione verbale; scava nel mistero e nella sacralità dell’uomo e porta a limiti sempre nuovi l’essenza stessa della creazione, sviluppando linguaggi estetici e comunicando significati illuminanti. “Ogni dipintor dipinge sé”, recita un antico adagio, certamente l’artista impasta di sé ogni forma creata. Ma col ritratto lo dichiara.
Incontrando nella mia ricerca un’artista scandinava, Helene S. Schjerfbek, di cui ammiriamo una serie di autoritratti che hanno accompagnato un lungo periodo di impedimento fisico, fino alla morte, si è posta con forza la problematica still life, con interessanti rimandi tra arte e psicoanalisi. L’aspetto fortemente fenomenologico della poetica del silenzio è ben intuibile nella definizione inglese di “natura morta”, still life, vita silenziosa. La serie di autoritratti di Helene Schjerfbeck emana una atmosfera di intimo raccoglimento che ha per me una qualità assolutamente familiare, come fossi invitata ad un incontro con l’artista in un inusitato setting di ascolto.