Entropia, utopia e distopia: il tempo dell’archivio e la condizione di Winston Smith

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Entropia, utopia e distopia: il tempo dell’archivio e la condizione di Winston Smith

di Angela La Rosa

Quella dell’archivio è una pratica strutturalmente instabile. Tentare di delineare le sue traiettorie, così come gli spazi, i tempi e gli atti che hanno fatto sorgere di volta in volta l’urgenza di una sua codificazione, implica accettare di muoversi in un discorso letteralmente s-confinato, e perciò mai totalizzante.

Oscillando tra la promessa – o quanto meno l’intuizione – di un’organizzazione duratura della realtà e il suo quasi immediato fallimento, l’archivio viene presentato come un dispositivo complesso, stratificato e plurale, capace di agire negli interstizi che intercorrono tra il tempo, il potere, e i conseguenti processi di costruzione identitaria e culturale. Questo perché l’archivio è sempre uno spazio situato, un’energia che costruisce un contesto, e che da questo viene allo stesso tempo plasmata, muovendosi costantemente tra passato, presente e futuro, ma anche tra edificazione e silenziamento, tra ordine e caos. Nel tentativo di rimanere all’interno di queste polarità, nella presente riflessione l’archivio è concepito come una irrisolvibile matassa di intenti e desideri, rimozioni e promesse, pronte di volta in volta a riconfigurarsi e mostrare le proprie lacune da cui ripartire.

 

Immagine: Fotogramma estratto dal film Nineteen Eighty-Four (1984) di Michael Radford, tratto dall’omonimo romanzo di George Orwell del 1949.

 

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